I miei compagni di corso ridevano di me alla rimpatriata, convinti che non avessi combinato nulla… Ma la mattina dopo mi hanno vista in copertina di una rivista di business.

I compagni di corso si prendevano gioco di me all’incontro di ex studenti, convinti che non avessi combinato nulla… Ma la mattina dopo mi hanno vista in copertina di una rivista economica.
– Sokolova? Marina Sokolova?! Davvero sei venuta? – esclamò Igor Valentinov con un sorriso sarcastico, ma gli occhi erano gelidi. – Ragazzi, guardate un po’ chi si è degnata di presentarci!

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Marina si fermò davanti alla porta del ristorante. Erano trascorsi quindici anni, ma nella voce di Igor riecheggiava la stessa beffa dei tempi universitari. Inspirò a fondo, poi varcò la soglia con decisione.
– Ciao, Igor. Salve a tutti, – disse con calma, benché il cuore le martellasse nel petto.

La sala era avvolta da un’atmosfera calda e soffusa, illuminata da lampade dal chiarore ambrato. Attorno a un lungo tavolo erano sedute una quindicina di persone: volti noti, sì, ma ora estranei come vecchie fotografie sbiadite dal tempo.
– Marinù! – la chiamò subito Anna Svetlova, unica vera amica rimasta di quegli anni. – Che piacere vederti!
– Non potevo mancare, – rispose Marina, avvertendo un sollievo improvviso.
– Vieni, siediti con noi, – la invitò Anna trascinandola verso il tavolo. – Stavamo giusto ricordando gli esami con il professor Petrovic.

Marina si sedette sentendo su di sé sguardi curiosi. Accanto a Igor stava Olga Beresneva — un tempo la reginetta del corso, ora donna curata, capelli in ordine e un’ombra di stanchezza nel volto.
– Marina, non sei cambiata affatto, – disse Olga con tono educato. – Sempre così … riservata.
– Anche tu sei splendida, Olga.
– E ora cosa fai? – chiese Sergej Volkov versando il vino. – Ancora a cercare di salvare il mondo?

Quel tono lo riconosceva bene: un tempo era la colonna sonora delle beffe sul suo progetto di impresa ecologica.
– Quasi, – rispose lei, prendendo il bicchiere. – Ho una piccola azienda.
– Immagino, – intervenne Igor, inclinandosi in avanti. – Qualcosa a proposito delle tue “idee verdi”? Ricordate i sacchetti biodegradabili? – rise, e qualcun altro lo imitò.
– Sì, proprio quelli, – ribatté Marina con tranquillità.
– E com’è, salvare il pianeta conviene? – insisté Igor.
– A volte sì, a volte no, – replicò lei con un sorriso misurato.
– Beh, non tutti possono essere dei disastri di successo, – fece spallucce lui. – Io guido un reparto in “TechnoProgress”, Dima ha aperto la sua azienda…

– Vi ricordate quando Marina non superò la discussione della tesi? – sbottò all’improvviso Svetlana Krymova, un tempo amica di Olga. – Si era persa nei calcoli!
– Non è proprio così, – intervenne Marina con garbo. – Ho preso quattro.
– Per una laureanda con lode è un fallimento, – commentò Igor. – Soprattutto dopo tutti quei discorsi sulle innovazioni.

Calò un silenzio imbarazzato. Le guance di Marina si accesero di rossore, come un tempo.
– Invece io ricordo quando Marina risolse un esercizio di analisi finanziaria e fece impazzire anche il professore, – disse all’improvviso Nikolaj Lebedev, seduto in fondo al tavolo.

Marina lo guardò sorpresa: lui, sempre così silenzioso, non si sarebbe mai aspettata il suo intervento.
– È vero, – disse sorridendo. – Grazie.
– Va bene, basta ricordi, – disse Igor alzando il bicchiere. – Brindiamo al nostro incontro! Quindici anni come un giorno solo!

Tutti annuirono e sollevarono i calici. La conversazione scivolò su argomenti più neutri: lavoro, figli, aneddoti universitari. Marina si rilassò un poco, ma si sentiva ancora un’estranea. Sapeva di non appartenere più a quel circolo.
– Sei sposata, Marina? – chiese Olga, mentre la conversazione virava sul calcio.
– No, ancora no.
– E figli?

– Nemmeno quelli. Il lavoro mi assorbe tutto il tempo.
– Poverina, – commentò Olga con un tono di pietà. – Io ne ho già tre. Igor lavora tanto, certo, ma ce la facciamo.

Marina annuì, senza parole. Per molti lì era la “sfortunata”: niente marito, niente figli, solo carriera.
– Vado a prendere aria, – disse rialzandosi.

Sulla terrazza regnava un fresco silenzio. Marina inspirò profondamente. A che cosa era servito venire qui? A sentirsi di nuovo quell’eterna studentessa fuori posto?
– Posso? – arrivò Nikolaj con due tazze di caffè fumante. – Ho pensato che magari ti facesse piacere riscaldarti.
– Grazie, – prese la tazza con gratitudine. – Dentro era un po’… rovente.
– Non solo per il clima, – sorrise lui. – Igor è sempre… implacabile.
– Alcune cose non cambiano mai, – ammise Marina con un’alzata di spalle.
– Altre invece sì, – osservò Nikolaj con attenzione. – Sei diversa. Più forte. Più sicura di te.
– Davvero? – sollevò le sopracciglia sorpresa.
– Sì. Non solo nell’aspetto, ma in molte cose.

– Sei stato più attento di quanto pensassi, – gli sorrise. – In realtà quasi non ti ricordavo.
– Non è sorprendente, – rise lui. – Cercavo di rimanere invisibile. Soprattutto con Igor e la sua combriccola.
– Tutti lo temevano un po’.
– Tranne te, – disse all’improvviso. – Tu hai sempre difeso le tue idee, anche quando ridevano in faccia.

Marina aprì bocca per rispondere, ma in quel momento Anna sbucò sulla terrazza con il cellulare in mano, visibilmente emozionata.
– Marina! Perché non hai detto niente?! – le porse il telefono. – Sei tu, guarda!

Lo schermo mostrava la copertina di una rivista economica: lei, in un tailleur impeccabile, sul titolo recitava: «Il miliardo verde: come Marina Sokolova ha trasformato un’idea ecologica in un business da 50 milioni».
– È… è appena uscito, – balbettò Marina. – Non volevo darlo a vedere.
– Non volevo? – la richiamò Anna verso la sala. – Ragazzi, guardate un po’…

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