Cosa facciamo, Rex? Come faremo a sopravvivere? Dovremo chiedere l’elemosina?

All’improvviso, accanto a lei si fermò una bambina di circa otto anni, con treccine d’oro e uno zainetto sulle spalle.

Guardò Valentina con i suoi grandi occhi curiosi e teneva in mano un panino mezzo mangiato.

“Buongiorno, donna buona”, disse con voce sottile. “Posso far mangiare il suo cane col mio panino?”

Valentina Ionescu guardò la bambina sorpresa, poi Rex, che ormai aveva alzato la testa fiutando il cibo.

“Sì, certo che può”, rispose dolcemente. “Rex gradisce qualunque cosa.”

La bambina sorrise a tutta bocca, spezzò il panino a metà e porse a Rex una delle due metà, che lo mangiò con gratitudine.

“Si chiama Rex? Che bel nome! Posso carezzarlo?”

“Certo, è molto affettuoso.”

La bambina si sedette sulla panchina accanto a Valentina e cominciò a coccolare il cane, che gradiva le carezze e scodinzolava felice.

“Io mi chiamo Sofia”, si presentò. “Abito laggiù”, indicò la casa che si intravedeva tra gli alberi. “Vengo sempre al parco dopo la scuola.”

“Piacere di conoscerti, Sofia. Io sono Valentina Ionescu. Anche noi abitiamo qui vicino”, sorrise l’anziana, sentendo un’improvvisa gioia nel parlare con la bambina.

“Vieni spesso qui? Non ti ho mai vista”, chiese Sofia continuando a carezzare Rex.

“Non molto spesso. Mi sono trasferita da poco e non conosco ancora molte persone.”

Sofia annuì con aria adulta.

“Quando ci siamo trasferiti anch’io ero sola. Ma poi sono venuta al parco e mi sono fatta degli amici.” Tacque un momento. “Stai bene, donna buona? Sembri triste.”

Valentina restò sorpresa. Sarà così evidente la sua tristezza?

“Sono solo un po’ stanca, cara”, cercò di sorridere.

Sofia la osservò attentamente, poi aprì lo zainetto e tirò fuori una mela.

“Mia mamma dice sempre che la mela aiuta quando sei stanco. La vuoi?”

All’improvviso Valentina sentì le lacrime agli occhi. Il gesto semplice e innocente della bambina la commosse profondamente. Con mani tremanti prese la mela.

“Grazie, Sofia. Sei molto dolce.”

La bambina sorrise, poi guardò l’orologio.

“Devo andare, mia mamma mi aspetta. Posso tornare domani e rivedere Rex?”

“Certo. Saremo qui.”

Sofia riprese lo zainetto, salutò con la mano e corse verso casa. Valentina la guardò andar via e avvertì nel cuore un calore che non provava da tempo.

Nei giorni seguenti, Valentina e Rex tornarono al parco sempre alla stessa ora. Sofia ricompariva ogni volta — a volte col panino “per Rex”, altre volte con una mela o una banana “per Valentina”.

La bambina raccontava della scuola, degli amici, delle cose nuove che aveva imparato. E Valentina ascoltava, felice della compagnia.

Un giorno Sofia tornò con una scatola di biscotti.

“Li ha fatti mia mamma!”, disse con orgoglio. “Le ho parlato di voi e di Rex, e mi ha detto che dovevo invitarvi a prendere il tè.”

Valentina rimase sorpresa. Non si aspettava che un’amicizia tanto innocente portasse a un invito.

“Sei sicura che tua mamma sia d’accordo?”

“Per niente! Le ho detto che siete molto gentili e che Rex è il cane più obbediente del mondo!”

Due giorni dopo Valentina bussò emozionata alla porta di casa di Sofia. Rex sedeva accanto a lei, come sempre.

Aprì una donna sui trent’anni, con i capelli dorati come quelli di Sofia.

“Buongiorno! Io sono Maria, la mamma di Sofia. Entrate pure! Sofia ha parlato tanto di voi!”

L’appartamento era modesto ma accogliente: foto di famiglia alle pareti e giocattoli sparsi per la stanza. Sofia corse ad abbracciare Valentina e poi Rex.

“Siete venute! Sapevo che sareste venute!”

Per due ore Valentina conversò con Maria, mentre Sofia giocava con Rex. Scoprì che Maria era infermiera in una clinica e cresceva da sola la bambina. La vita non era facile, ma se la cavavano.

“Sofia torna a casa da sola dopo la scuola e aspetta un po’ finché non torno dal lavoro”, spiegò Maria. “Mi preoccupo, ma lei è molto responsabile.”

“È una bambina meravigliosa”, disse sinceramente Valentina. “Ha reso le mie giornate molto più luminose.”

Quando Valentina si stava per congedare, Maria la fermò sulla soglia.

“Signora Valentina, vorrei offrirle qualcosa. Ho notato quanto vi intendete con Sofia e quanto lei tenga a voi.

Ho pensato… potresti passare a prenderti cura di lei dopo la scuola? Naturalmente, le pagherò.”

Valentina restò a bocca aperta.

“Non per i soldi, cara”, disse infine. “Sarebbe un onore passare il tempo con Sofia. È come un raggio di sole.”

“Per favore, insisto”, disse Maria. “Sofia potrebbe venire da te dopo la scuola. Le piacerà stare con Rex e io sarò tranquilla sapendo che è in buone mani.”

Tornata a casa, Valentina si rese conto che la sua vita era cambiata. Non solo aveva un piccolo guadagno extra, ma anche uno scopo, un motivo per alzarsi ogni mattina.

Sofia le aveva portato non solo cibo per il corpo, ma anche per l’anima.

Nei mesi successivi, il loro legame si fece sempre più forte. Sofia andava da Valentina ogni giorno dopo la scuola. Insieme facevano i compiti, leggevano libri, passeggiavano con Rex e preparavano semplici biscotti.

Una sera, mentre Sofia si addormentava sul divano leggendo, Maria si concesse con Valentina:

“Sai, mia madre è morta quando Sofia era piccola. Non ha mai potuto conoscere l’amore di una nonna. Ma ora, grazie a te, l’ha incontrato.”

Un groppo salì alla gola di Valentina.

“Io non ho mai avuto una nipote”, sussurrò. “Sofia ha riempito quel vuoto nella mia anima di cui nemmeno ero consapevole.”

Quella notte, a letto con Rex rannicchiato accanto, Valentina ripensò al giorno in cui, seduta sul parco, aveva pensato di dover chiedere l’elemosina, a quell’abisso di disperazione che l’aveva invasa.

Come avrebbe potuto sapere che la sua salvezza sarebbe arrivata da una bambina con un panino e un sorriso smagliante?

“Cosa ne pensi, Rex?”, sussurrò accarezzando il cane. “Credo che la vita riservi ancora per noi qualche sorpresa.”

Rex rispose con un lieve abbaio, come per assentire. Fuori cominciavano a cadere i primi fiocchi di neve, e nel cuore di Valentina Ionescu c’erano calore e luce. Non era più sola.

Ora non temeva il futuro. Aveva trovato una nuova famiglia — non di sangue, ma di bontà, grazie a un incontro inatteso e all’amore di una bambina che in lei non vedeva una povera vecchia sulla panchina, ma un’amica degna di un panino e di un sorriso.

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